Angeli

Åëåíà Äæåðî
(traduzione di M. Gallenzi)

Non battere le palpebre, mi sono detta, spalancando quanto pi; gli occhi per trattenere le lacrime. Il mondo dilatato ha preso a tremolare e a poco a poco ha iniziato ad appannarsi, finch; non si ; riversato sulle guance, rigandole di solchi ardenti, ed ; scivolato sulle marmoree lastre dell’aeroporto Ben-Gurion. Mike s'; chinato floscio sul mio naso, lasciandomi al momento dell’addio un sapore di cigarillo e il pizzicore della sua barba. Da qualche parte dentro di me, dove il cuore si gettava contro le pareti, il dolore ; diventato ancora pi; acuto. Ho coperto il viso con le mani e, quando le ho abbassate, lui stava gi; per uscire fuori. Le ante con sopra scritto «Buon viaggio» si sono riunite alle sue spalle, chiudendo seccamente la storia in tre volumi del nostro amore.
«Non era comunque il tuo angelo», ha detto in ebraico una voce dietro di me.
«Certo che no. Ma in ogni caso… Non era chi, scusi?» Mi sono girata e mi sono trovata di fronte  un ragazzetto sui dodici anni, gelato in mano e capelli neri spettinati. Ha dato una leccata al gelato ed ha ripetuto: «Non ; il tuo angelo».
«Àh, poco ma sicuro. Pi; un diavolo, direi», ho convenuto io, asciugandomi con i fazzolettini di carta le tracce del crollo delle mie speranze.
«Diavoli tra le persone non ce ne sono», il moccioso ha scosso la testa. «Per lo meno, non li ho mai visti».
«E che, non guardi la televisione?  Secondo te, sono gli angeli a combinare tutti quei fattacci della cronaca nera?»
«S;, come tutto il resto.»
Ho messo temporaneamente da parte i pensieri relativi a Mike e con curiosit; ho gettato uno sguardo verso lo strano ragazzino. T-shirt bianca, jeans, scarpe da ginnastica, nessun bagaglio. Dopo aver girato di qua e di l; la testa, ho individuato non molto lontano un gruppo di scolari, da cui evidentemente si era allontanato quell’Harry Potter.
«Mi farei volentieri due chiacchiere con te, caro mio, ma devo imbarcarmi. Magari, sar; per la prossima volta.»
«Certo. Ci vediamo», ha risposto sempre in ebraico.
Dopo aver preso congedo dal ragazzetto, dall’amore e da Tel Aviv,  ho acchiappato la valigia e sono andata a cercare il banco del check-in per Barcellona.
Dopo due ore, un calice di vino, tre cioccolatini al cognac, cinque sigarette e diciotto pagine di un giallo da leggere in viaggio, finalmente mi sono accomodata in business class, con l’idea di dormire perlomeno finch; l’aereo non avesse terminato il decollo. Avvolta nella coperta e con la mascherina calata sugli occhi, attendevo paziente che le mie palpebre gonfie si trasformassero in un home theater. Ma quel giorno tutti i film avevano come soggetto solo Mike, perci; non ho sopportato  troppo a lungo il melodramma dei ricordi, e anche quel poco giusto perch;, terrorizzata come sono prima dei voli, sognare il ragazzo che si ; appena piantato ; oggettivamente meglio che osservare il panorama instabile fuori dall’obl;. Non appena l’aereo si ; raddrizzato, sono tornata alla realt;.
La realt; mi ha accolto con le sembianze dell’Harry Potter di prima, seduto accanto a me.
«Salve, angelo!»
«Ciao.»
Mi ha risposto in russo. Senza accento. «Per la verit;, mi chiamo Eli.»
«Xenia, piacere!» ci siamo stretti la mano.
«E poi dicono che non esistono le coincidenze... Mah», ho aggiunto, osservando le poltrone vuote della cabina. «; chiaro che non fai parte di quel gruppo di scolari...»
«Le coincidenze non esistono.»
E gi;. Incontri all’aeroporto Ben-Gurion un teenager che crede negli angeli e poi te lo ritrovi sul tuo aereo... nel posto accanto... in business class... non accompagnato da adulti... ; una cosa logica!
«Vuoi illustrare meglio quest’idea, mia giovane guida?»
Eli ha annuito:
«Non esistono le coincidenze. Esistono gli angeli.»
Se il ragazzetto ha qualche rotella fuori posto, dir; che mi fa male la testa, per esempio, oppure mi siedo su un’altra poltrona, ho deciso tra me e me.
«Be’, io li chiamo cos; per modo di dire. Sono persone, ovvio.»
«Angeli persone?!» ho pronunciato in un tono che al tempo stesso lasciava intendere: “non spararle cos; grosse” e “marmocchio ingenuo”.
Ma Eli non ha dato peso alle vibrazioni della mia voce e ha seguitato a raccontare.
Ognuno ha i suoi angeli, anche se loro non ne hanno la pi; pallida idea. Vivono la loro vita senza sospettare quello che combinano, nel vero senso della parola. S;, perch; dal loro stato energetico e dalla loro condizione emotiva dipende in modo diretto se oggi la persona su cui esercitano il loro influsso verr; baciata dalla Dea Bendata oppure perseguitata dalla sfiga. Il fattore fortuna, si pu; dire. Quando gli angeli sono in stato di grazia, all’esame ti capiter; l’unico argomento che conoscevi a memoria, oppure un tizio che si trova casualmente a passare ti salva prima che qualche idiota ubriaco ti investa, oppure ricevi un impiego che non potevi nemmeno sognarti, o vinci alla lotteria, o perdi un aereo destinato a cadere...
«Questa dell’areo potevi risparmiartela...»
«Nulla ; casuale. Quello che ti accade dipende direttamente dal tono emotivo degli angeli. Dei tuoi angeli. Infatti, se gli angeli sono in preda all’angoscia o alla tristezza, buonanotte ai suonatori. Tutto quello che doveva filare liscio come l’olio finisce che va storto. Danno un bacetto alla macchina parcheggiata, uno perde il portafoglio con tutta la grana dentro, il telefono casca dentro al water, l’appuntamento romantico tanto atteso si trasforma in un fiasco, il fulmine cade sulla casa non assicurata, l’aereo...»
«Eli!»
«Stavo scherzando. Anche se questo spiega parecchie cose... Per esempio, se la maggior parte degli angeli dei passeggeri che volano ha una carica negativa, allora...»
«Eli!!!»
«Scusa. Lasciamo stare gli aerei, prendiamo la guerra, ad esempio. L’influenza degli angeli pi; vicini ; sempre molto pi; intensa, ossia se i cittadini-angeli di una data nazione soffrono, in quel posto accadono molte sciagure...»
«Giovanotto, questa ; la spiegazione pi; logica che io abbia mai sentito dei cataclismi non dovuti alla Natura!» ho mimato un applauso. «Se ho ben afferrato l’idea, lo scopo globale di ogni Stato diventa comprensibile: occorre sollevare lo spirito della popolazione, e l’asticella della fortuna nazionale s’innalzer; fino a raggiungere vette inimmaginabili!»
Si ; accostata l’hostess, smaniosa di rendere il nostro volo indimenticabile, ha chiesto cosa gradivamo bere. Gradivamo vino e coca cola. In conformit; all’et; e alle predilezioni.
«Migliorare l’umore su scala mondiale, certo, ; una nobile missione, ma a me interesserebbe di pi; sapere dov’; che sono i miei angeli…»
«Dovunque.»
Chi ne avrebbe dubitato! Il nostro non ; un pianeta, ma un vero e proprio zoo angelico!
«Di solito nella cerchia di una persona c’; un solo angelo, talvolta due», diceva il mio vicino di posto con l’aria di chi stesse discorrendo di animali domestici. 
«E, il pi; delle volte, sono piccoli. Non come dimensioni, ma per il loro grado di influsso angelico sui destini della gente, s’intende. ; raro quando una persona non incontra il suo angelo, perch; tra di loro c’; un legame speciale. Viene chiamato anche amore.»
Sono scoppiata a ridere. Proprio forte! Che filosofo!
Eli ha atteso che finissi di sghignazzare e ha seguitato. Risultava che esistevano anche angeli pi; grandi, gli arcangeli, e il loro numero pro capite era davvero minimo. E in pratica non si trovavano mai nel posto in cui stava la persona da loro influenzata. Perci; trovare il proprio arcangelo era una fortuna rara. In fondo erano in pochissimi che si mettevano a inseguire la propria chimera. E si contavano sulle dita quelli che riuscivano nell’impresa. In compenso, se poi lo si trovava, l’Uccello dalle piume d’oro al confronto sarebbe apparso un uccellino spennacchiato. La fortuna dilaga, il cuore canta, ogni desiderio si realizza…  Sempre che fosse stato di buon umore, ovviamente.
Hanno portato le bevande. Ho avvicinato il calice al naso. Il syrah mi viene da associarlo sempre con Barcellona. I ciottoli del selciato nel quartiere Gotico, i viali di pioppo, l’odore della paella…Quello che ci voleva. Addio, Tel Aviv, volavo via da te, lasciando l’ampia terrazza, da cui il sole del tramonto si tuffava nel mare, e i lisianthus, azzurri come i suoi occhi.
Ho sospirato e ho bevuto un sorso. Eccezionale! Prugna, menta, un non so che di familiare… salvia? Eli, a capo inclinato, mi osservava.
«Vuoi provare?»
«Grazie, quel gusto lo conosco», il ragazzo ha rifiutato e ha stappato la sua cola.
Un marmocchio della business class, di che meravigliarsi... Io alla sua et; non conoscevo n; il vino, n; la cola...
«Mi racconti qualcosa di te?» ho proposto dopo un paio di sorsi. «Da dove nasce questo interesse per gli angeli?»
«Io li vedo.»
Ma non sar; davvero scappato da un manicomio? ho pensato dispiaciuta. Non credo mi stia canzonando.
La pausa si protraeva, ci guardavamo a vicenda negli occhi, io ho iniziato a sorridere, aspettandomi che mi rispondesse sempre con un sorriso. Invece, ha assunto un’aria triste. Mi sono sentita a disagio. Di che stavamo parlando? Angeli-arcangeli, fattore fortuna, scopo mondiale...
D’un tratto la bocca mi ; diventata secca.
«Ecco perch; mi hai detto che Mike non ; il mio angelo?»
«S;.»
«E tu... Sai dove sono i miei... i miei arcangeli!?»
«So dove stanno adesso. Ma da qui posso dirlo solo in modo approssimativo. ; lontano, non arriva... ehm... il segnale.»
Ho annuito. Lui ha chiuso gli occhi.
«Italia, nel centro, poi Canada, non si vede dove precisamente, poi Andorra e dintorni.»
«Soltanto tre?»
Adesso ; chiaro perch; non mi sono ancora sposata. Ma a mia madre questa teoria difficilmente sarebbe piaciuta.
«Per il momento s;. Mica uno nasce arcangelo. Lo diventa, da angelo che era, ad un certo momento.»
Si ; rifatta viva l’hostess, stavolta con un assortimento di piatti vegetariani. Mi sa che comincio a credere agli angeli. Perch;? Perch; ragazzini vegetariani non esistono mica! Ho finito il vino tutto d’un fiato e ne ho chiesto dell’altro.
Il mio compagno di viaggio mangiava in silenzio, io riflettevo su quale domanda, delle cento che mi ballavano sulla lingua, occorreva rivolgergli per prima.
«Se stai pi; vicino, puoi dirlo con maggior precisione?»
Certo che poteva. Poteva accompagnarmi per mano dal mio arcangelo. Sapeva dov’era la mia felicit;. Sapeva che aspetto aveva.
M’; venuta voglia di offrirgli del denaro, molto denaro. Di convincerlo in qualche maniera. Di adottarlo, se fosse stato necessario. Io questo arcangelo lo sto cercando da una vita intera! Senza risultato.
«Adesso capisci perch; sono sempre in fuga», ha constatato il piccolo mago e s’; asciugato le labbra con la salvietta. «Tutti vogliono qualcosa.»
Vogliono vincere alla lotteria, vogliono portare le loro ditte al top, vogliono comporre canzoni di successo e scrivere bestseller, vogliono vincere alle gare... Vi rendete conto? Tre piccoli angeli in tribuna possono garantire la medaglia d’oro! Figuratevi che cosa pu; fare un arcangelo!
Il fattore fortuna influiva assolutamente su tutto. E solo una persona sapeva come farlo aumentare. Perci; chi agognava alla buona sorte personale, gente con grandi possibilit; e una morale ambigua, gli stava di continuo alle calcagna. E lui cercava scampo. In business class.
L’aereo tutto ad un tratto ha sobbalzato e la voce del capitano all’altoparlante ha pregato di allacciare le cinture. Abbiamo fatto una sbandata a sinistra, poi a destra, poi all’improvviso ci siamo inclinati in avanti. L’hostess, aggrappandosi alle spalliere dei sedili, ; riuscita ad arrancare fino alla cabina dei piloti. Io sono diventata tutt’uno con la poltrona, abbarbicandomi ai braccioli. Eli guardava fuori dal finestrino.
«Non succeder; niente.»
«Lo di-dici per tranquillizzarmi, oppure cosa?»
«Non c’; alcun motivo.»
Trascorrevano i minuti, ognuno lungo un’eternit;, ma la corsa a ostacoli tra le nubi non cessava. Le mie viscere si erano trasformate in una poltiglia, mi tremavano le gambe. Eli ha spostato i nostri vassoi sulla fila accanto, ha richiuso i tavolini e, schiodando la mia mano, l’ha messa nella sua.
«O Signore, grazie d’essere qui con me!» ho detto gemendo.
«Prego.» Era di una tranquillit; assoluta, incredibile, fenomenale.
Sullo sfondo delle urla che provenivano dalla classe economica e del battito dei miei denti.
Il mondo si era ridotto alle dimensioni di un unico aereo, non esisteva pi; n; casa, n; Mike, n; il lavoro a Barcellona, ma solo io e il ragazzino, fusi l’uno con l’altra e tutt’uno con quell’ammasso metallico che si dimenava nell’alto dei cieli.
«Bisogna distrarsi in qualche modo, cercare di distrarsi», ho sentito dire alla mia voce. «Dove cavolo si sono cacciati i tuoi angeli, ora che ce n’; bisogno?»
«Non lo so. Io non li vedo, i miei angeli.»
«Welcome to the club*», ho provato a chiamare in soccorso l’umorismo. «Anch’io. Ma per loro non cambia niente, a quanto pare, se ne fregano di me. Come, del resto, tutti quanti gli altri...»
«Non tutti quanti. Adesso, per esempio, stai trasformando la vita di qualcuno in un inferno.»
Per cinque secondi mi sono persino scordata di aver paura.
«Io sono un angelo?»
«Certo.»
Ecco qua, qualcuno di sotto stava penando a causa mia! Il mio omiciattolo. Che si era svegliato con la speranza di passare una bella giornata. Aveva pensato: oggi la fortuna far; una scappata dalle mie parti. O perlomeno staranno alla larga i guai. Ma non aveva fatto i conti con me: prima mi ero dilaniata il cuore, dicendo addio a quella nullit; del mio boyfriend, e adesso stavo proprio morendo dal terrore. Speravo almeno che la distanza attenuasse gli influssi negativi che si riversavano sulla mia vittima innocente.
«Vuoi dire che siamo tutti quanti gli angeli di qualcuno?» ho domandato per maggior chiarezza. «Come le famigerate due met;?»
«Perch; due? Tu mica hai un solo angelo, e sei l’angelo di diverse persone.»
Diverse! Che soffrivano per colpa mia. Qualcuno di loro era persino un mio conoscente, infatti Eli aveva detto che chiunque aveva nella sua cerchia almeno un angelo. Bisognava sforzarsi di essere in forma, di non scoraggiarsi, nonostante tutto, per rendere felice il proprio protetto, pur se ignoto.
La paura a poco a poco scompariva, e sebbene in qualche parte della pancia ne restassero ancora gli strascichi, potevo gi; respirare non come dopo uno sprint. L’aereo seguitava a sussultare nervoso, ma le montagne russe, a quanto pare, erano finite. Si ; avvicinata l’hostess, la faccia verde e un sorriso smagliante, ci ha chiesto cos’altro gradivamo per essere a posto.
Gradivamo che non ci fossero pi; sballottamenti. E se l’aereo smetteva di sballottarci, allora una coca e del vino. E qualcosa di dolce.

Dopo due calici, una lattina di cola e mezza scatola di cioccolatini, siamo dolcemente atterrati nel crepuscolo spagnolo. Abbiamo percorso i lunghi corridoi dell’El Prat, dopo una breve fermata al controllo passaporti, e siamo usciti nella sala arrivi. Il mio autista Alessandro, zoppo, ci veniva incontro arrancando, vociando con qualcuno al telefono.
Ho proposto a Eli di accompagnarlo dove desiderava, ma lui ha detto che andavamo in direzioni opposte, infine mi ha stretto la mano ed ; andato al posteggio dei taxi.
Portandosi via con s; il segreto dei miei angeli e le risposte alle mie domande. Dove sarebbe andato adesso? Perch; si trovava sul mio stesso aereo? Ci saremmo incontrati un giorno o l’altro?
Ho chiesto ad Alessandro di aspettarmi e mi sono lanciata all’inseguimento della T-shirt bianca. Eli stava gi; seduto nel taxi e prima che lo sportello sbattesse l’ho sentito pronunciare in perfetto accento catalano: «Gran Via de les Corts Catalanes, por favor»**. Avrei potuto bussare sul finestrino, ma mi sono fermata e l’ho salutato con la mano. Ha risposto agitando anche lui la mano, sorridente. Il taxi ; partito. 

Eli, Eli, ho mormorato, seguendo con lo sguardo i fari che scomparivano, chi sei, ragazzo che non ha suoi angeli? Possibile…? ***




* Benvenuto nel club, ingl.
** Gran Via (corso al centro di Barcellona), per favore – sp.
*** Eli – in ebraico significa «mio Dio».