Оконч. рассказа Д. Буццати Qualcosa era successo

   Lei torno nella sala di attesa e cadde senza respiro. Prima che la gente, scambiando i sguardi, si avvicinassi, io sapevo gia che era morta.
Dopo un secondo di confusione, la gente comincio a farsi prendere dal panico bruscamente. Sembrava che tutta la paura congelata dentro di loro, tutta la tensione accumulata nelle lunghe ore del viaggio silenzioso, finalmente scoppiasse. Ho preferito farmi da parte. La folla emotivamente controllata potrebbe essere la cosa peggiore che ci aspettava qui.
La gente correva intorno alla stazione e ai binari, cercando di trovare quache spiegazione e contattare i suoi cari. Ci voleva poco per capire che tutte le linee telefoniche erano bloccati. Si strapparono il telefono prima di rendersi conto che, a parte il silenzio opprimente, non avrebbero avuto la risposta. Vidi la signora che era davanti a me. Stava male. Lei sedeva immobile sulla panchetta, sembra paralizzata dalla paura. Una ragazza le port; bicchiere d'acqua. Mi sembrava strano che nessuno fosse interessato a parlare con il macchinista del treno: sembrava essere stato dimenticato da tutti. Va bene. Io invece avevo tante domande per quel tizio. Accelerando il passo, andai verso l'inizio del treno.
Notai che, oltre alle esclamazioni e all'indignazione dei miei compagni di viaggio, tutto intorno era immerso nel silenzio piu assoluto. Da quando ci eravamo fermati, non avevo sentito ne uccelli ne il solito rumore della strada.
Eccola, la carrozza principale.
Dallo primo sguardo non riuscii a capire se ci fosse qualcuno dentro. Dalla finestra non vidi nessuno. Con poca speranza di trovare qualcuno dentro, aprii la porta.
Ma era la. Rimaneva immobile, sdraiato sul panello di controllo.
-Hey, mi sente? - dissi.- Che sta succedendo? Lo sai?
I suoi occhi mi guardavano con un'espressione di gelido orrore.
-Perche ci siamo fermati qua? Chi ti ha dato l'ordine?
Le sue labbra si mossero leggermente.
-Verranno per voi...- sussurr; -  Attenti alla luce...
-Che luce? Di cosa stai parlando???
Vidi due rivoli di sangue che gli sgorgavano dal naso. Impaurito, feci un passo indietro. Bisognava tornare e unirsi alla folla, che si era gi; divisa in piccoli gruppi e vagava senza meta intorno all'edificio vuoto della stazione.
Verranno per noi? Di chi stava parlando? I medici? Militari? Sentii che la paura cominciava a prendermi.
A sinistra notai una porta dalla quale, come mi era sembrato prima, si affacciava un ferroviere spaventato. Spingendo la porta, entrai.
Era un sgabuzzino, piccolo e sporco. Non c'era nessuno nella stanza semibuia, ma sul pavimento, come abbandonati in fretta, erano un berrettuccio e un giornale.
Finalmente!
Le lettere familiari di una grande titolo catturarono la mia attenzione per prime. INVASIONE! Ecco cosa significavano quelle lettere misteriose su un foglio della signora. Uscii sotto la striscia di luce e cominciai a leggere. Tutti furono incoraggiati a recarsi alla base militare a sud. Speravo di avere le risposte, ma piu leggevo l’articolo, meno capivo la situazione. Nessuna informazione sull'entita della sventura, ne su chi fosse il nostro nemico. Niente. Chi non e in grado di evacuare era invitato a rimanere a casa o a scendere nei rifugi. Eravamo stati attaccati? Per tutto il giorno non avevo notato una sola esplosione o tracce di distruzione, non avevo sentito un solo sparo. Ma cosa era successo?
Dando una rapida occhiata al bordo della pagina, avevo notato una piccola nota nella colonna in basso che affermava che il disastro aveva travolto non solo il nostro paese: messaggi simili arrivavano da tutto il mondo, le grandi citta stanno inviando segnali di aiuto.
 Ributtai il giornale vicino al berretto del ferroviere. Lui, probabilmente, aveva visto qualcosa. Bisogna trovarlo.
Tornai alla stazione e rimasi sbalordito. Era vuota.
Pochi minuti prima l'intero treno era qui, la gente correva avanti e indietro, cercando di mettersi in contatto con i propri cari, discutendo ad alta voce della situazione attuale, indignata, e improvvisamente tutti erano andati da qualche parte? E perche era cosi buio fuori? Quanto tempo avevo passato nello stanzino? Dieci minuti? Venti? Avevo perso il senso del tempo? Guardai la sala di attesa, abbandonata e quiete. Anche se era possibile, seppur con difficolta, che tutti se ne fossero andati in fretta in silenzio assoluto, ma dove era sparita quella donna morta? Avevano portato il suo corpo con loro? Sembrava improbabile, ma il mio cervello si aggrappava disperatamente almeno a qualche spiegazione.
Sentii un'ondata di adrenalina e corsi fuori, sperando di vedere i miei recenti compagni di viaggio.
 Che silenzio! Strada polverosa, il vento soffiava detriti da una parte all'altra. Non capii subito da che parte stava la citta. Nell'oscurita profonda, non una sola lampada ardeva. Solo strani lampi di luce, qua e la, indicavano la sua presenza. Quei lenti lampi di bagliore freddo, cosi diversi dalla solita luce notturna della citta.
Mi ricordai dell'avvertimento del macchinista.
In ogni caso, era troppo pericoloso andare in citta di notte e la stanchezza si faceva sentire. Tutto quello che avevo vissuto durante quella lunga giornata mi aveva tolto le ultime forze. Decisi di tornare alla stazione e rifugiarmi li. Da qualche parte dentro di me c'era la speranza che avrei incontrato alcuni dei miei compagni di viaggio la, che qualcuno, non trovando aiuto in citta, sarebbe tornato.
I miei passi echeggiarono nella sala vuota.
Come il mio amico, ferroviere scomparso, non riuscii a trovare un nascondiglio migliore di quello sgabuzzino. Mi avvicinai alla porta ed entrai.
Mi addormentai quasi subito, tenendo in mano il giornale che non potevo leggere nel buio. Ero troppo stanco per pensare e fare ipotesi su cosa stesse succedendo.

***

Mi svegliai da una sensazione pesante e sgradevole.
Qualcuno era fuori dalla porta.
Non avevo sentito alcun passo, non avevo visto le ombre. Ma la stessa sensazione opprimente della presenza di qualcosa filtrava sotto la pelle. Non ero piu da solo.
Nello stesso momento un mal di testa di incredibile forza mi costrinse a raggomitolarmi. Come se le tempie venissero schiacciate in una morsa. Un urlo mi sfugg; dalla gola, ma non lo sentii.
Nemmeno sentii aprire la porta.
Alzai il giornale per chiudere gli occhi, nello stesso momento una luce intensa mi acceco.

FINE


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